COME DOMARE LE SABBIE MOBILI

Io sono come le sabbie mobili, cambio velocemente e di continuo. Ti consiglio di provare, non ci si annoia mai. La vita è una giostra.

lunedì 12 settembre 2011

LE BAMBOLE CIECHE

* Storia di un'infanzia sotto regime che (forse) mi ha preservato per un po' di più l'innocenza - non badare ai refusi ma al contenuto


Io ho amato tantissimo la mia terra per i suoi costumi, per la sua veridicità e sincerità, per la sua anima pura, per i suoi contadini, per le tradizioni religiose e pagane, i canti popolari, l’ospitalità e l’ho odiata altrettanto per i suoi tentativi stupidi di cambiare o di sembrare quello che non è, il modo in cui si sta perdendo via, per gli snob, per la voglia di ricchezza e di apparire, per la sua negazione di identità, per il cattivo gusto.

Ora che sono qui mi rendo conto che non ritroverò mai quello che mi sono lasciata dietro partendo per l’Italia, è molto triste. Sembra che la mia vita sia spezzata a metà, o che io e quella arrivata dalla Romania siamo due persone diverse, ma non perché io lo voglia. Sono cambiata, sono cresciuta, sono diventata una donna, mi sono sposata e mi sono anche lasciata, ho trovato un lavoro ed una casa in affitto, ho superato una depressione...lo so che qualcuno penserebbe che sono io che non vedo le cose come le vedevo prima ed è vero in parte.

Ma la Romania subisce l’attacco della civiltà nel modo più dannoso che ci sia. L’ho vista cambiare così veloce, dalla rivoluzione fino ad oggi.

Quando eravamo piccole io e mia sorella, non c’era niente. I negozi vuoti, niente da mangiare, niente dolci, niente vestiti, tutti vestivamo uguale con le poche cose che si trovavano.

Le bambole? Tutte identiche. Anzi no, alcune avevano gli occhi che si muovevano e quel meccanismo si rovinava e diventavano mezzo cieche, delle bambole mostruose. Un paese pieno di bambini che giocano con la stessa bambola, cieca.
Certo, tutti facevamo dei nuovi vestiti alle nostre bambole per personalizzarle, tagliavamo loro i capelli, le truccavamo con pennarelli. Tutti i bambini lo fanno, in tutto il mondo. Noi però eravamo diversi, non sapevamo nemmeno di compiere la nostra battaglia contro chi ci voleva spogliare di personalità ed immaginazione, chi voleva renderci ciechi come le nostre bambole.

I libri per l’infanzia? Devo dire che c’erano due tipi, quelli con “i pionieri” molto kitsch che ci parlavano di bambini comunisti e i loro fatti lodevoli e le fiabe, molto poche, che non posso negare che mi sembravano meravigliosamente illustrate e penso tutt’ora che lo fossero sul serio (il mio sogno piu’ grande sarebbe di illustrare dei libri in quella maniera)

Poi, un giorno la rivoluzione. Mi ricordo solo che mia mamma mi ha detto, dopo che era passato tutto, che avremmo cominciato a trovare delle arance e anche del cioccolato nei negozi, non riuscivo ad immaginare. Mi diceva che avremmo cominciato a trovare tutto tutto, carne, formaggi, vestiti, miele, tutto. Non potevo proprio immaginare questa cosa, non ci credevo assolutamente, non capivo perché me lo dicesse. Ma non perché io avessi la maturità di essere scettica, io ero pura, non sapevo dubitare, semplicemente, avevo solo visto i negozi vuoti da sempre, avevo gioito quando a Natale qualcuno mi regalava un’arancio o un cioccolato. Per me erano cose fuori dal comune queste, non sapevo immaginarmi un mondo diverso. Come certi bambini oggi che pensano che le mele crescono nelle casse del supermercato.
Io non ci credevo che, tecnicamente, la televisione potesse funzionare piu’ di mezz’ora al giorno, quella mezz’ora, la solita…Non capivo che ci facevano vedere solo mezz’ora perché così volevano loro, per me era quella la normalità e per me era quella la capacità di quel apparecchio.

Cartoni? Ho conosciuto certi personaggi famosissimi quando sono venuta in Italia e dopo aver imparato l’italiano. Mi hanno anche presa in giro perché non conoscevo Hulk. Avevo visto da bambina solo i piu’ famosi cartoni di Walt Disney, spezzati in mille pezzi. Solo sabato a mezzogiorno ci facevano vedere un episodio, ad esempio, se la carica dei 101 durava un’oretta, a noi facevano vedere 10 minuti ogni sabato, cioè, per noi durava 6 settimane. Si può immaginare quanto sia stato difficile per le persone crescere bambini in un mondo così.

I libri erano censurati o non si trovavano per niente o se volevi un certo libro magari non potevi comprarlo se non ne compravi altri 2 o 3 che parlavano del fiorente governo e le sue realizzazioni.

Quando oggi sento gente che dice “ si stava meglio prima” mi infastidisco al massimo. Perché? Perché posso essere d’accordo, si mangia meno e peggio oggi anche se prima non c’erano prodotti nei negozi ma tutti mangiavano comunque. Oggi no. Ma la libertà della parola e l’accesso alla cultura di ogni tipo è veramente importantissima. Poi, bisogna vedere le priorità di ognuno, certo che se a qualcuno basta una pancia piena, si, allora, si stava meglio prima.

Ma anche all’epoca c’erano degli snob, la “civiltà” si faceva sentire lo stesso. A scuola ad esempio, sotto la divisa, qualcuno che magari aveva un parente marinaio che poteva introdurre delle cose nel paese, metteva i jeans e si vantava. Da li fino ad arrivare a questa società dove trovi di tutto ma non hai i soldi per prenderti niente, è stato veramente un passaggio velocissimo. Ora però c’è chi fa il finanziamento per prendersi la macchina bella e magari non mangia ogni giorno. Perché? Non dico che c’è qualcosa di male nell’avere la macchina bella ma vivere per questo, tra la fame e la mancanza di soldi per la benzina, quello si. Quanto si può abbassare l’essere umano fino a rendersi nullo, vuoto, degno di pena?!

C’è un distacco generazionale enorme tra me e mia sorella piu’ piccola che è nata nel ‘89, soprattutto perché la mia infanzia è stata priva di qualunque influenza. La sua invece, ricchissima di tutte le influenze possibili ed impossibili. Io non capisco come sia avere troppe cose tra cui scegliere e come lei faccia a capire cosa sia il bene. Noi il bene abbiamo dovuto inventarcelo. Il bene nel senso di non cascare in questo cattivo gusto che deborda ovunque, nei negozi, in TV, sulle strade…

Si capisce quanto la Romania sia recettiva al cambiamento ed al consumismo e come è facile formare dei consumatori li, anche dal fatto che, ad esempio, cose che noi non conoscevamo prima e che arrivano da fuori, le chiamiamo con il nome dell’azienda che le ha introdotte o che si è imposta meglio sul mercato, quasi come in “100 anni di solitudine che non tutte le cose avevano un nome e bisognava indicarle col dito. L’ammorbidente non si chiama ammorbidente, ma “Coccolino”, le fotocopie non si chiamano così ma “xerox”…dici “vado a fare uno “xerox” non “una fotocopia”. I pannolini si chiamano tutti “Pampers”, il mascara “Rimmel”, o le scarpe da ginnastica o da tennis, tutte “adidasi” (la “i” sta per il plurale perché sono due le scarpe). Io che studiavo arte…usavo per disegnare “rotring” di vari spessori, anche se prodotti da un’altra azienda.

C’è tanto da dire sulla Romania di oggi. Quando sono tornata, in un’estate di quelle che ho passato con Paolo, ho trovato una Romania vuota, mi ha fatto impressione. Vuota così mi sembrava piu’ grande è mi ha fatto venire un vuoto nello stomaco. La amo ugualmente. Sarà il contrasto con l’italia o forse non capisco io che l’Italia è sovrappopolata, che ci sono meno campi e meno spazi aperti e verdi e che hanno seminato case ovunque. Anche se sono case belle e curate, non hanno nessun significato perché prima o poi rimarremo schiacciati tutti tra questi muri che continuano a crescere per combattere la crisi, secondo i politici.
Eppure, vuota così, era troppo vuota.
I cani randagi, in giro ovunque, magri come dei fantasmi, delle sagome che contengono dentro degli esseri che ti leccano la mano.
Anche peggio, ci sono sagome che contengono anche bambini che si fermano e scavano nella spazzatura e che non chiedono elemosina, perché nessuno ha niente da dare.
E’ così la mia amata Romania

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